sábado, 19 de julio de 2008

Dio nei media

La visuale sull’esperienza di Dio nei media si può spiegare come l’esperienza di una dicotomia tra uomo-media e uomo-Dio, una ragione aperta al trascendente, possibile nel dialogo interculturale che aspira ad usare professionalmente e socialmente i mezzi di comunicazione per vivere meglio il mondo globale. Una prospettiva dove l’uomo è il fine della comunicazione e non il mezzo in se stesso. Ci rendiamo conto che i mass media sono una condizione dell’esistenza dell’uomo e del suo divenire uomo nella cultura contemporanea ma “tutti i tentativi della tecnica, per quanto utilissimi, non riescono a calmare le ansietà dell’uomo: una ormai acquisita longevità biologica non può soddisfare quel desiderio di vita ulteriore, che è saldamente radicato nel suo cuore”, indicava Karol Wojtyla, nei suoi scritti d’antropologia e Filosofia, Perché l’uomo[1]. Per calmare quest’ansietà c’è la trascendenza personale dell’uomo, il suo mistero d’essere uomo in Dio, quello che lo rende unico e peculiare, perché l’uomo come figlio di Dio e “imago Dei” (immagine di Dio) è un Dio amore-carità, un Dio bontà, un Dio comunione, un Dio fatto uomo in Cristo, un Dio che risorge, un Dio uomo che realizza a se stesso attraverso l’altro, e nell’incontro con altro uguale e diverso a me. Un tale analisi ci conduce ad accettare l’uomo come fine e non come mezzo. “Agisci in modo che la persona sia sempre il fine e non il mezzo del tuo agire”, dice Immanuel Kant. Così ci troviamo davanti ad una realtà odierna dove il nuovo, la modernità e lo sviluppo della tecnologia prescinde, alle volte o sempre, di Dio e della natura umana dell’uomo, come persona capace di creare umanità. Ed esiste una partecipazione all’umanità solo in una relazione con altri uomini e donne, in un incontro sociale tra due o più persone, dove nasce dopo la comunità. Possiamo trovare a Dio in quei media dove esiste la possibilità reale di relazionarsi e comunicarsi, dove esiste la possibilità che le persone possano interagire a vicenda la propria inter-soggettività ed i propri universi interpersonali e socioculturali. Papa Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni (il 24 Gennaio 2008) ha detto che “i nuovi media, telefonia e internet in particolare, stanno modificando il volto stesso della comunicazione, e forse, è questa un’occasione preziosa per ridisegnarlo, per rendere meglio visibili i lineamenti essenziali e irrinunciabili della verità sulla persona umana”. Oggi il mondo è confuso nella comunicazione sociale odierna, dove “i mezzi di comunicazione insistono in catturare il pubblico con la pubblicità ossessiva, l’imposizione di modelli e valori distorti, la trasgressione, la volgarità e la violenza”[2], osserva Benedetto XVI. Dall’altra parte con questo fenomeno d’espansione dei media, vediamo che le società e le culture popolari stanno in movimento, in luoghi e spazi diversi, come conseguenza della migrazione e la globalizzazione, qui ci sono confini di senso e significato che s’incrociano, comunicazioni nuove, realtà sociali da interpretare in mezzo il più delle volte a crisi e tensioni sociali. Si tratta di diverse realtà sociali dove entrano anche in movimento i ricercatori ed i comunicatori che interpretano le culture, e le esperienze di fede. Non esiste azione senza movimento, così realtà sociale e studio sono sempre più vicine nell’esperienza condivisa e nella ricerca di senso che ci approssima a Dio. La caratteristica multi-mediatica del fenomeno mass media richiede molteplice letture, contenuti e discipline, appunto in un’ottica interdisciplinare, per produrre, elaborare e trasmettere il messaggio ma anche per riceverlo, significarlo, e riproporlo nella società, ascoltando ai suoi protagonisti e testimoni. La ricerca sui media sta compiendo una svolta verso il pubblico dei media, riconoscendo il loro ruolo, e la capacità di costruire significato, negoziare l’identità; privilegiando studi dal contesto familiare e degli usi cha fa dei media e in particolare della Tv, la società e le persone reali (Capecchi, 2004; Tufte, 1997; Lull, 1992; Martín-Barbero, 1987; Hall, 1980)[3]. Il compito è capire la cultura popolare, la mentalità, gli usi dei media ed i generi dei media popolari per condividere la parola cristiana. La cultura popolare è diversa, multiculturale e plurietnica, lì c’è il dogma, ci sono le pratiche culturali, le comunità e la fede nel vissuto quotidiano della gente. Come cristiani nella Chiesa, credenti nella fede e nella Verità che è Cristo, partecipare della cultura dei media è fare dei media uno strumento di salvezza, dove si può trovare il bene. Va detto che questo è solo possibile in una praxis, valori e comportamenti di contemplazione di Dio e degli uomini nello studio dei media e nella convinzione della realizzazione di un’umanità di giustizia nei media. Osservare una vita etica e una contemplazione di Dio, dei modelli di santità e di un buon operato nel sociale ci pone davanti non solo ad un produrre media per i media, ma ci pone davanti: ad un complesso e multi-direzionale mondo dei media destinato agli uomini, dove ci siamo anche noi comunicatori, uomini credenti. E’ nell’uomo dove c’è il vero senso di Dio. I media sono una possibilità grande per umanizzare la vita e fare conoscere il trascendente.
[1] Wojtyla, Karol (1995) Perché L’uomo, scritti inediti di antropologia e filosofia. Arnoldo Mondatori, Milano.
[2] Messaggio di sua Santità Benedetto XVI per la 42° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
[3] Capecchi, Saveria (2004) L’audience attiva. Carrocci editore. Roma;
Tufte, Thomas (1997) Televisión, modernidad y vida cotidiana. Un análisis sobre la obra de Roger Silverstone desde contextos culturales diferentes, en Comunicación y sociedad. Universidad de Guadalajara, México 65-69; Lull, James (1992) La estructuración de las audiencias masivas, en Diálogos 32, p. 50-57; Martín-Barbero, Jesús (1987) De los medios a las mediaciones. Gustavo Gili. S.A. México; Hall, Stuart (1980) “Encoding decoding in television discorse”, in Hall-Hobson-Lowe-Willis.

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