sábado, 18 de septiembre de 2010

La visione peruviana del Co-sviluppo tra Italia e Perù, contesto milanese


Me lo diceva l’altra volta a Milano un connazionale peruviano, riferendosi a una delle tante proposte che potrebbe portare avanti il co-sviluppo tra Italia e Perù, pensa a questo: “noi siamo più o meno 60.000 peruviani tra Lombardia e Emilia Romagna, se ogni peruviano potrebbe dare un euro, avremmo 60.000 euro di fondi per fare tantissimi progetti qui con i nostri connazionali e là in Perù per tanta gente che ha bisogno di invesiorni e credito per cominciare una piccola attività economica”.

Ascoltando questo commento, e facendo diverse ipotesi sulla convocazione e la gestione di fondi per lo sviluppo transnazionale e locale in luoghi d’origine e di arrivo dell’immigrazione, io e il mio compatriota, siamo arrivati a questa conclusione: che manca ancora rafforzare una rete di contatti, associazioni, tecnici e progetti per riuscire ad avere una visione solidaria e collettiva della partecipazione nello sviluppo, visione che tra l’altro inizia a prendere coscienza delle possibilità del Co-sviluppo.

Con questa premessa di quello che può diventare il Co-sviluppo, possiamo dire che uno dei nodi del avvio del Co-sviluppo peruviano è la presa di coscienza del lavoro di rete, della interrelazione tra diversi attori sociali per la riuscita di progetti come quello che riporto qui.

Dalla sponda peruviana il lavoro con le famiglie transnazionali è una esperienza di rete spontanea, che può servire come base sociale per la partecipazione civile, come è quella di una associazione, che individua in situ, la realtà e le difficoltà in origine dell’immigrazione come interlocutore privilegiato di azioni per lo sviluppo locale.

Oltre alle prospettive ci sono in atto percorsi si Co-sviluppo tra Italia e Perù, dove è possibile individuare le tematiche sensibili dello sviluppo locale come quella della formazione di leadership e piccoli imprenditori per commercializzare diversi prodotti nazionali nel mercato estero.

Possiamo indicare alcuni progetti destinati al Perù, approvati negli ultimi anni dal Comune di Milano sotto il tema: “Milano per il Co-sviluppo”: finalizzato a creare circuiti di turismo sostenibili, offrire formazione per il commercio equo e solidale o dare servizi di formazione tecnica di lingua e cultura italiana per immigrati peruviani immersi in processi di ricongiungimento familiare.

In Perù il progetto “Junín Global” del Instituto de Migración y Desarrollo en la Región Andina (INMIGRA) ha ottenuto un finanziamento del International Fund for Agricultural Development (IFAD) per il “Programma di leadership imprenditoriale per l’aiuto a reti di famiglie di immigrati”, il progetto cerca di coinvolgere a famiglie transnazionale di Junín in attività produttive. A Milano si sta iniziando ad ampliare il progetto individuando associazioni di peruviani di Junín per generare spazi di incontro e partecipazione in attività associative e corsi di formazioni sul Co-sviluppo in una dimensione regionale andina.

Come parte del lavoro per consolidare azioni e ipotesi sul co-sviuppo nel collettivo di immigrati peruviani a Milano, stiamo coordinando e intercambiando idee con l’Associazione Vergine di Cocharcas (AVICOH), il Centro Antonio Raimondi, el Instituto de Migración y Desarrollo en la Región Andina (INMIGRA), e l’Associazione Fratelli dell’Uomo.

Sono riuscito a individuare, in diversi incontri con peruviani in associazioni immigrati e non, il profilo del potenziale “agente attivo del co-sviluppo peruviano”, si tratta di un emigrato, femmina e uomo, con al meno 7 anni di residenza in Italia, con una mobilità media tra Italia e Perù, che partecipa di associazioni cattoliche dedicata a un santo patrono o a una venerazione cattolica, ha un lavoro regolare, mantiene vincoli con i loro connazionale a Milano, senza perdere il contatto con parenti e amici in Perù.

L’azione di Co-sviluppo, che abbiamo riconosciuto, con un certo successo nel collettivo degli immigrati peruviani a Milano, si carateriza per essere un lavoro esploratorio in azione, che include metodi partecipativi e interattivi e il dialogo costante in contesti con gli stessi immigrati peruviani.

Perché non sia un lavoro isolato che si perda nei protagonismi, stiamo ripensando il Co-sviluppo dalla esperienza peruviana come un lavoro con la base sociale, nella quale partecipa l’immigrato, immerso in reti che si possano creare tra associazioni d’immigrati provenienti di una stessa regione o colettivo etnico, “conessioni” qua e là, che risultano necessarie per garantire la circolazioni delle risorse e i capitali che porta con sé lo sviluppo.

Questa è la forza dell’immigrazione peruviana, che si caratterizza per essere una diaspora con una cultura familiare di solidarietà e imprendimento lavorativo, che però sta cercando nell’associazionismo, le reti di contatto e la partecipazione alla cultura della cooperazione nord e sud, le vie migliore per creare sistemi di gruppi e persone, dove oltre al sistema, oltre al fare girare una economia di progresso (tramite le rimesse o i fondi della cooperazione), si possano generare vincoli di fiducia reciproca e buona comunicazione tra le parti.

La prospettiva appena segnalata implica anche ridimensionare l’idea capitalista e individualista del lavoro personalizzato, per una proposta coordinata tra diversi attori, con protagonismi e ruoli diverse, che siano consapevoli dell’importanza -chiara e chiave- della partecipazione a una proposta umana, solidaria, di cambio sociale, per la propria comunità di appartenenza e la comunità di accoglienza, che l’immigrazione sta configurando come i nuovi spazi sociali transnazionali dove si pensa, crea e genera parte dello sviluppo del ventunesimo secolo.


Milano, 17 settembre 2010

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