martes, 26 de enero de 2010

La cultura popolare degli immigrati peruviani di Junín residenti a Milano


La domenica scorsa, il 24 gennaio,  sono tornato per alcune ore al Perù, sono andato al Quarto Festival della “Tunantada”, che celebrano a Milano gli immigrati peruviani procedenti della regione di Junín, in una festa folclorica dove danzare, cantare, e ascoltare musica tipica del centro andino peruviano sono forme locali riportate con la migrazione alla nuova città per non perdere il legame con la propria identità, in uno sforzo per continuare a essere “della propria terra d’origine” non in solitario se non invece in una socializzazione collettiva che raduna le loro famiglie, associazioni e amici.

“La tunantada” è un ballo con al meno 20 danzanti, tra loro i “tunantes” rappresentano le differenti classi sociali della colonia peruviana e personaggi stranieri che visitavano Jauja in Junín, per il suo bel clima. Le principali figure sono: “lo spagnolo”, “la huanca”, la jaujina” e “los chutos”.

Mi sono emozionato vedendo ai miei compaesani interpretando danze tipiche delle Ande centrale del Perù, con garbo e maestria. Ho visto al badante e alla colf peruviana, ai lavoratori del pony express, molte volte sottovalutati e sommersi nel lavoro nero, lasciando i suoi ruoli di lavoratori e reinterpretandosi in allegri danzanti e danzatrici, che all’inizio del festival entravano al concerto in forma anonima, vestiti di grigio, presi di pensieri e ricordi, mentre ascoltavano le bande tipiche della loro terra.

E poi, nei momenti delle presentazioni dei gruppi di danza, li ho visti entrare allo scenario con i vestiti tipici dei personaggi che ognuno di loro doveva interpretare danzando con maschere, ponchos, vestiti colorati e bei tessuti di alpaca ricamati a mano per bravi artigiani dei loro paesi, che loro i danzatori si sono portati nel viaggio italiano come simboli di appartenenza.

Alcuni balli del festival sono stati: “la chonguinada” e “la tunantada”, “el huaylas”, el ballo de i “Shapish”, balli dei “caporales” che si sono esibite seguendo le melodie di orchestre di musiciste come “Los Ausquish”, “Los embajadores fáciles”, “Los tarumas de Tarma”.

Quello che mi ha colpito di più è stata l’adesione di donne e uomini tra i 25 ai 60 anni, che formandosi in gruppi di balli conformati da venti e trenta persone si mettevano insieme per praticare passi di ballo, cantando, perfezionando coreografie ultimando dettagli per la presentazione.

Tante peruviane e peruviani così felici come loro non avevo visto fin’ora a Milano. Sono persone che magari non si sentono realizzati con i lavori che fanno, diceva una signora che lavora come colf, che ho incrociato strada facendo mentre andavo alla festa, io vivo a Milano da dieci anni -mi raccontava la signora di 45 anni d’età, di Huancayo come il suo marito appena arrivato dal Perù- quello che ci porta e ci fa stare qui è il lavoro. Ma la terra dove uno è nato non se la scorda mai, anche se capita di avere tanti soldi (questo non è capitato, ancora a me, puntualizza la signora).

Mentre mi confondevo con la folla che arrivava numerosa al concerto, una presenza di 300 persone circa, ho ricordato letture fatte sull’identità peruviana, quello che dice José María Arguedas nei suoi lavori etnografici, che il Perù è una nazione “antica, collettiva e religiosa”, infatti, penso che siamo una cultura che rinnova la sua cultura popolare tradizionale in queste dimensioni dove la musica e la danza sono mezzi o canali di comunicazioni che permettono immaginare la comunità come dice Benedict Anderson, ma anche forme sociali pubbliche di attuazione della propria cultura all’interno di una cultura di massa, ma lo nuovo è che quello che funziona in un remoto villaggio rurale andino del Perù funziona anche qui nella città post moderna capitalista e privatizzata di Milano, in spazi migranti.

In una serie di dinamiche interne che mescolano localismi, il prestigio sociale delle famiglie, subalternità, competenza, dominio, cultura collettiva, forme di comunità, critiche del sistema di vita nella città, malinconia per la lontananza di casa, lotta per progredire.

Così  il festival folclorico dei peruviani di Junín è la ricostruzione di una cultura locale in una cultura urbana, è il fatto, la posizione relazionale che li mette insieme, in una logica di consumo com’è un festival è vero, ma è anche la pratica sociale che mette a immigrati di una stessa provenienza regionale davanti/in mezzo/con la propria cultura. Con questo festival di danza per oggi la comunità peruviana d'immigrati diventa memoria,  ricordo, luogo d’incontri e intercambio sociale, tra i palazzi e le case di Milano.

Foto: Quarto Festival de la Tunantada 2010 Milano

Qui alcuni siti dove si possono vedere i balli menzionati nell'articolo:
http://www.youtube.com/watch?v=jGRzTrvYHiM&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=o6Q1ab4VFMk&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=mE0acrz-8aY&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=CE2Dg2OPu0Q&feature=related